L'addio delle banche straniere e il pressing della magistratura
ha spinto Walter e Giovanni Burani, a chiedere nuovamente
l'intervento di Mediobanca. Insomma un ritorno all'advisor piu'
blasonato e da sempre vicino alla Mariella Burani Fashion Group,
che pero' a dicembre aveva rimesso il mandato dopo mesi di lavoro e
trattative, visto che i Burani non avevano rispettato l'impegno
preso di versare 50 mln nell'aumento di capitale della Mbfg, passo
principale nella ristrutturazione del gruppo, che ha debiti per 492
mln.
L'intera galassia Burani, si legge in un articolo di Milano
Finanza, e' invece esposta per circa un miliardo di euro.
Il piano-B ipotizzato dagli industriali di Cavriago, studiato
assieme ai legali di Dewey &LeBoeuf e per il quale Piazzetta
Cuccia avrebbe concesso la propria disponibilita', sarebbe quello
di fare ricorso a beni fisici e partecipazioni societarie italiane
da concedere in garanzia alle banche, che fornirebbero alla
famiglia i capitali necessari. Sul piatto, secondo quanto risulta a
Milano Finanza, ci sono innanzitutto il 50% che Walter Burani
detiene in Greenholding, la finanziaria che controlla Greenvision
Ambiente (50,18%) e Bioera (56,85%), e il 100% della Finitaldreni,
una delle societa' immobiliari della famiglia.
Le ragioni di un ritorno di Mediobanca a fianco dei Burani sono
molteplici. Innanzitutto c'e' una un rapporto consolidato di
fiducia: negli ultimi anni Mediobanca ha fornito in piu' d'una
occasione la propria expertise ai Burani, a cominciare
dall'acquisizione del marchio Coccinelle da parte di A.Pellettieri,
dalla quotazione della stessa Ap, dalla cessione al fondo 3i del
49% della controllata Apbags, fino alla fairness opinion sulla
fusione tra Mbfg e Ap, poi abortita.
Il consolidato rapporto tra la famiglia Burani e Mediobanca,
pero', non si fermerebbe qui. A queste attivita' industriali e
operative si affiancherebbe la storica vicinanza tra il presidente
della banca d'affari Cesare Geronzi e il fondatore della maison
reggiana, Walter Burani. Il banchiere e l'industriale avrebbero
stretto i rapporti nel 2002, ai tempi dell'integrazione di
Bipop-Carire da parte dell'allora Banca di Roma guidata proprio da
Geronzi. L'operazione vide un Burani particolarmente attivo nella
moral suasion verso la Fondazione Manodori, primo azionista di
Bipop-Carire, al punto che i dettagli dell'affare vennero definiti
nel castello di famiglia dei Burani, proprio quello che ora
potrebbe finire in pegno alle banche. red/sm