Dopo che ieri Consob ha approvato il supplemento al prospetto informativo, operazione necessaria a seguito dell'incremento del corrispettivo dell'offerta pubblica di scambio volontaria lanciata da Intesa Sanpaolo su Ubi, gli occhi ora sono puntati sul Cda della banca guidata dal ceo Victor Massiah che - verosimilmente entro venerdì - esprimerà una nuova valutazione proprio a seguito del ritocco dell'offerta.

Dopo l'annuncio della banca di Cá de Sass del rilancio di 57 centesimi

per azione si è sgretolato il fronte del "no". Ieri sera in una nota il Patto dei Mille ha di fatto aperto all'Ops. La formazione che oggi raccoglie 1'1,6% del capitale di Ubi e che, fino a pochi giorni fa, aveva osteggiato la proposta, ha spiegato: "L'assemblea del patto dopo aver valutato le condizioni dell'offerta, ha concluso che i propri aderenti decideranno in autonomia l'adesione all'operazione, in coerenza con la normativa vigente dei patti di sindacato in presenza di ops".

Nei giorni scorsi il primo azionista istituzionale di Ubi, la Fondazione Crc che ha aderito all'offerta pubblica di scambio. Lo stesso hanno fatto Fondazione Banca del Monte di Lombardia e il Sindacato Azionisti Ubi Banca. D'altronde le fondazioni erano state chiare: non apprezzavano le condizioni offerte in quanto pensavano non valorizzassero la banca, il suo patrimonio, i suoi azionisti e il territorio. Il ceo Carlo Messina ha deciso di ascoltare le istanze degli azionisti di Ubi, andando incontro anche a questa categoria di stakeholder e ha concesso il ritocco.

Manca ancora una dichiarazione corale del Patto Car (che riunisce tra gli altri le due fondazioni citate) e che era stato il più categorico nell'osteggiare l'offerta. Il fronte, tuttavia, anche all'interno di questa formazione si è spaccato e sono attese comunicazioni ufficiali sulla posizione del Patto.

La partita Intesa/Ubi si è sbloccata anche in scia al via libera seppur

condizionato dell'Antitrust che sempre nei giorni scorsi ha detto sì

all'operazione chiedendo però la cessione di un numero maggiore di

sportelli: entro sei mesi Intesa dovrá cedere 532 filiali per ovviare

alle perplessitá dell'authority sulla concorrenza.

Ora inizia il rush finale, importante per capire le basi su cui si

concoliderá l'offerta: i numeri di adesione infatti sono fondamentali per

capire quanta presa, libertá, autonomia avrá Intesa nell'acquisizione e

quindi anche la conseguente facilitá di esecuzione. Dopo il rilancio di

Messina, gli analisti finanziari concordano sul fatto che ora sará piú

facile raggiungere l'obiettivo del 66,67% di adesioni. Questa soglia è

particolarmente importante in quanto garantirebbe la fusione delle due

banche e il raggiungimento di sinergie complete.

Proprio ieri Ubi ha pubblicato su richiesta di Consob una nota integrativa sull'offerta. Tra le diverse precisazioni e conclusioni fornite nel mirino dell'istituto lombardo c'è nuovamente l'accordo stipulato dalla banca di Cá de Sass con Bper Banca circa la cessione di oltre 500 sportelli di Ubi alla realtá emiliana.

Nella nota la realtá guidata da Victor Massiah ribadisce che il Cda non

ha ritenuto ravvisabile alcun interesse "di gruppo" in relazione alla

cessione del ramo bancario alla banca guidata dal ceo Alessandro Vandelli

stabilita da Intesa nel quadro dell'offerta, giacchè l'operazione di

dismissione - da realizzarsi "per prevenire il sorgere di situazioni

potenzialmente rilevanti a fini antitrust" - è meramente funzionale

all'attuazione di impegni assunti da Intesa nel suo esclusivo interesse.

La vendita di tali sportelli così come quella dei rapporti assicurativi

al gruppo Unipol è stata infatti concepita per ovviare ai rilievi

dell'Autoritá Antitrust sulla concorrenza e quindi per ottenere luce

verde sull'acquisto di Ubi.

Tale cessione - prosegue la banca lombarda - rappresenterebbe, infatti,

un "costo" per ottenere il controllo della banca che Isp intende far

gravare su Ubi e, per riflesso, sui suoi azionisti. Per converso, nella

prospettiva della banca "la cessione del Ramo bancario modificherebbe

completamente la natura di Ubi Banca, trasformandola in una mera

articolazione territoriale della rete distributiva di Intesa Sanpaolo

priva della capacitá di operare quale autonomo centro di profitto". E secondo Ubi Intesa non può imporre legittimamente tale cessione a meno che non arrivi a controllare la soglia "magica" del 66,67% del capitale.

cce

 

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July 22, 2020 06:53 ET (10:53 GMT)

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