(da Milano Finanza)
La decisione di tassare più severamente le compravendite del
metallo aureo richiamano tempi poco felici. Ma alzare le tasse su
beni considerati rifugio dai risparmiatori rischia di dare
un?immagine controproducente delle finanze pubbliche
"Oro, più tasse alla patria". Con questo titolo, sull?edizione
di venerdì 3, MF non ha di sicuro voluto fare la parodia delle fedi
nuziali richieste dal Duce Benito Mussolini per sostenere la
guerra, ma un richiamo al pericolo di anni tanto bui c?è.
Finora, nell?impossibilità di sapere a che prezzo era stato
fatto l?acquisto di lingotti e monete da parte degli italiani, era
in vigore un criterio molto pratico ed equo: la tassa dovuta era
solo sul 25% del prezzo realizzato. Ora no, la tassazione è
sull?intero prezzo, a prescindere se chi vende fa un guadagno, un
pareggio o magari una perdita, visto che non viene preso in
considerazione il prezzo di acquisto. Come dire, possiedi oro
quindi paga quattro volte quanto dovevi pagare finora. Non per la
guerra (anche se le guerre ci sono e incidono) ma per un deficit
sempre più pesante e una crescita del debito pubblico
inarrestabile, non si può escludere che sui pensatori del ministero
dell?economia forse quel grido disperato e politicamente insensato
di Mussolini qualche effetto l?abbia avuto.
Quanto pesa quel debito pubblico
Del resto, i numeri parlano: oltre 2.800 miliardi di euro il
debito pubblico italiano; oltre 5.300 miliardi la ricchezza degli
italiani, cresciuta di ben 1.700 miliardi (+50%) nell?ultimo
decennio. Il problema è che questa ricchezza per il 60% è in mano
al 20% delle famiglie più abbienti. E un problema ancora più grande
è che per ora si tenta da parte dello stato di raschiare il barile,
senza affrontare di petto il debito, qual è la noiosa litania che
voi lettori dovete sorbirvi ogni settimana da questo giornale. Dopo
la tassa dal vago sapore mussoliniano sull?oro, che peraltro è pur
detenuto anche a livello più alto delle consorelle dalla Banca
d?Italia, è certamente una delle solidità del Paese. Ma non deve
essere usato per ridurre il debito di bilancio, perché innesca
negli italiani un sentimento di sconforto per chi è previdente e
risparmia con il metallo che ancora conta moltissimo nel sistema
economico mondiale. Avete presente Fort Knox?
Leggi anche: Vendite sull?oro più tassate. Senza documenti
d?acquisto, imposta applicata sull?intero prezzo e non più sul
25%
Il fallimento di Del Vecchio-Caltagirone
Ma che bel risultato, alla fine, per il gruppo Del Vecchio:
poteva avere quattro consiglieri di Mediobanca (questa era
l?offerta di Alberto Nagel a Francesco Milleri capo del gruppo
degli occhiali), ne ha ottenuti ai voti solo due.
Che cosa è successo? Un fatto molto semplice: non ha funzionato
il fronte romano, perché ai voti diretti dell?alleato Francesco
Gaetano Caltagirone (poco sotto il 10%) dovevano sommarsi i voti di
Enpam, l?ente di previdenza dei medici presieduta da Alberto
Oliveti che doveva avere il 2% invece si è fermato all?1,2%; a
spingere per arrivare all?obiettivo del 2% erano sia il presidente
Oliveti, che nel 2024 dovrebbe scadere e al quale era stato
promesso un cambio di statuto, ma anche il direttore generale
Domenico Pimpinella, che ambisce a diventare ad di F2i al posto di
Renato Ravanelli, essendo l?ente uno dei soci del fondo.
A gestire tutta questa partita doveva essere Raffaele Ranucci,
ex senatore da sempre molto vicino a Caltagirone, ex-machina della
vicenda.
Perché l?operazione non ha funzionato? Perché dal ministero
dell?economia, sia il ministro Giancarlo Giorgetti sia il
sottosegretario Federico Freni hanno avvisato che enti di
previdenza come Enpam non dovevano immischiarsi superando l?1,2%
acquistato, mentre F2i, che è il fondo delle infrastrutture, deve
casomai impegnarsi nell?operazione per la rete di Tim che
Giorgetti, saggiamente, vuole abbia una partecipazione importante
italiana e dello stato, se la maggioranza passerà a Kkr.
L?intervento diretto del governo
La riprova dell?intervento diretto del governo, che ha stoppato
il disegno dell?uso di Enpam e della strumentalizzazione di F2i per
sconfiggere la lista del consiglio d?amministrazione di Mediobanca,
è il fatto che Poste non ha esercitato il voto in assemblea con la
quota che aveva rastrellato proprio nell?imminenza
dell?adunanza.
Ma se formalmente lo sconfitto è il capo del gruppo Del Vecchio,
Milleri, altrettanto sconfitto è Caltagirone che con il suo potere
a Roma aveva organizzato le varie mosse su Enpam e su Poste.
Leggi anche: Mediobanca, in assemblea vince la lista del cda con
il 40,4% del capitale. Delfin si ferma al 32,06% e prende solo due
consiglieri
Positivo o negativo?
Il positivo è che un ministro serio e preparato (non solo perché
è bocconiano) come Giorgetti e un sottosegretario altrettanto
preparato come Freni, avvocato di diritto finanziario, hanno
impedito che per interessi di parte, Mediobanca, che opera nel
contesto delle prassi e delle regole internazionali, finisse sotto
scacco dei poteri esogeni.
Il negativo è tuttavia all?orizzonte. Se fossero già state
applicate le nuove regole del Ddl Capitali, come sarebbe andata a
finire la battaglia per il cda di Mediobanca?
Se con le nuove norme (che potrebbero entrare in vigore nel
2024) Delfin avesse presentato lista lunga (sette consiglieri),
avrebbe avuto diretto a 6,26 consiglieri (arrotondando equivale a 6
consiglieri) e Assogestioni uno. La lista del Cda ne avrebbe avute
otto, quindi maggioranza di un solo consigliere nonostante la
vistosa differenza.
Ma poniamo che all?assemblea appena tenutasi Benetton (2,2%)
avesse votato con Delfin e Caltagirone invece che con il consiglio
uscente: la lista del cda avrebbe ottenuto il 50,4%, quindi avrebbe
avuto ugualmente la maggioranza. Ma in quel caso la quota Delfin
sarebbe salita al 43,94%, quindi, pur perdendo, avrebbe avuto
diritto a 6,59 consiglieri, che arrotondando avrebbe voluto dire 7
consiglieri, cioè quanti la lista del Cda e Assogestioni, con 1
consigliere, sarebbe diventato l?ago della bilancia,
Stessa storia per le Generali, il cui consiglio è di 13 membri.
Lo scorso anno la lista del Cda ha ottenuto il 55,99% dei voti
presenti in assemblea, la lista Caltagirone-Del Vecchio il 41,72%
mentre Assogestioni l?1,93%.
Non avendo superato lo sbarramento del 3% , il consigliere di
Assogestioni con le nuove norme sarebbe confluito nella lista
Caltagirone, perché quest?ultima avrebbe conseguito il 43,65% dei
voti dell?assemblea, che applicato ai 13 consiglieri equivale a
6,59, con arrotondamento a sette. Quindi alla lista del Cda
sarebbero spettati sette consiglieri e alla lista
Caltagirone-Delfin (in Generali ha più voti Caltagirone di Delfin)
sei consiglieri. Quindi, nonostante una differenza del 14,3%
rispetto alla seconda lista, la lista del Cda, con le regole del
DDL, avrebbe ottenuto solo un consigliere in più. Non basta: i
sette consiglieri della lista del Cda, il base al Ddl, sarebbero
scelti per di più nell?ordine di gradimento ottenuto per singolo
consigliere dall?assemblea, compreso il presidente e
l?amministratore delegato indicati nella lista del Cda.
Il rischio delle nuove norme
Se poi le nuove norme entrassero effettivamente in vigore come
sono ora, c?è da attendersi anche un mercato delle vacche
nell?ambito della lista del Cda nei 40 giorni tra pubblicazione
lista e data dell?assemblea.
Perché la lista deve essere di 1/3 più lunga del numero di posti
del consiglio e per esser certi di entrare in cda i candidati hanno
bisogno anche del voto delle minoranze, quando si passerà al voto
di gradimento singolo. Entrerebbero quelli che hanno il maggior
numero di voti, quindi se per ipotesi Caltagirone e Delfin in
Generali votassero a favore di alcuni consiglieri della lista del
Cda, anche dando per scontato il voto favorevole della maggioranza
che ha votato per la lista del Cda, a passare sarebbero per certo
quelli che hanno avuto i voti a favore da Caltagirone e da
Delfin?
Chiedo scusa ai lettori per questo rompicapo, ma tutto ciò
dimostra come il Ddl così com?è non dovrebbe passare perché, se
passasse, il consiglio d?amministrazione di due delle più
importanti istituzioni finanziarie private del paese potrebbero
essere destinate all?ingovernabilità.
Passata la sfida romana, gestita da Caltagirone per cercare di
rifarsi dalla sconfitta di un anno e mezzo fa in Generali, il
governo in primo luogo e, non in secondo, il parlamento dovrebbero
pensarci bene prima di esporre all?ingovernabilità prima Generali,
il cui consiglio sarà da rinnovare fra un anno e mezzo e poi tra
tre anni quello di Mediobanca. Ma non solo: molte altre società si
troverebbero penalizzate senza una maggioranza assoluta,
determinando una inevitabile ingovernabilità.
Così l?Italia, che è già un nano per quanto riguarda il mercato
finanziario borsistico, diventerebbe anche una giungla dove gli
investitori internazionali non si azzarderebbero a mettere i propri
capitali.
Quindi, Signor Ministro Giorgetti, pur con tutti i problemi che
ha, faccia capire alla Sua maggioranza il rischio che il mercato
finanziario correrebbe, se il Ddl entrasse in vigore senza
modifiche.
Post scriptum
Ricordando il proverbio per cui tanto va la gatta al lardo che
ci lascia lo zampino, un acuto banchiere d?affari mi ha segnalato
che il voto unitario del 32% può avere conseguenze opa per chi lo
ha composto, ma sicuramente ne potrà avere Delfin che è stata
autorizzata dalla Bce a non superare il 20% di capitale di
Mediobanca, diversamente dovendo essa stessa Delfin essere
sottoposta alla pesantissima regolamentazione e controllo delle
banche da parte di Francoforte. Di fatto, sia pure con Caltagirone
e l?ente di previdenza dei medici, nella votazione del 29 ottobre
Delfin ha superato la soglia stabilita da Bce, in quanto asse
portante del voto assembleare.
A proposito di Intelligenza Artificiale
Chi sa mai se al vertice sull?Intelligenza artificiale a Londra
(ospite di riguardo la presidente Giorgia Meloni, per affinità
politica con il premier conservatore Rishi Sunak e per l?ottimo
rapporto con lui stabilito grazie anche al suo fluido inglese), è
stata richiesta a ChatGPT una domanda su come possa essere fermata
la sciagura in atto fra Israele e la Palestina. In realtà neppure
l?AI può avere una risposta per una vicenda tanto assurda e
inaccettabile. Occhio per occhio dente per dente è la regola in
vigore. La regola più barbara della storia.
Ma mentre i rischi della AI sono molti, sono molte anche le
possibilità che offre. Se Israele avesse già sviluppato un sistema
di AI per la sua sicurezza, la insipienza del primo ministro
Benjamin Netanyahu forse sarebbe stata neutralizzata e Hamas non
avrebbe potuto catturare così tanti ostaggi israeliani. Ma forse,
ancor prima, avrebbe potuto organizzare un sistema di convivenza
più equo fra due popoli condannati dalla storia al dramma
ripetitivo.
Un po? come la scoperta della fusione nucleare, che poteva
essere solo una ricchezza per l?umanità, e invece le due bombe
atomiche fatte esplodere a Hiroshima e Nagasaki con 250 mila morti,
hanno generato centinaia e migliaia di bombe nel mondo pronte a
essere drammaticamente usate.
Il vertice su AI di Londra, pur che più meritorio, affrontando
seriamente il tema di porre regole per la AI prima che sia troppo
tardi, è un moscerino nel mondo della stessa AI. Proprio mentre la
guerra ha invaso il mondo, occorre che ci siano 10, 100, mille
riunioni come quella di Londra. Ma soprattutto che sia strutturato
immediatamente un sistema di difesa dai pericoli dell?AI
soprattutto per i più deboli. I lettori di queste pagine sanno già
che un?idea, un nome programmatico c?è già: www.robinhoodAI. L?idea
è stata di Luca Panerai, mio figlio, quando era direttore di Class,
il mensile del futuro che esiste, prima di mancare esattamente un
anno fa. Ne aveva parlato di nascosto con il prof. Mario Rasetti,
l?italiano più autorevole in AI. Ora Mario ne ha parlato con Padre
Paolo Benanti, il teologo-scienziato francescano professore alla
Gregoriana e da poche settimane chiamato a essere uno dei 30 che
compongono il consiglio dell?Onu sull?Intelligenza artificiale. C?è
da confidare che l?unione fra scienza e umanesimo, oltre a spingere
per una AI solo al servizio positivo degli esseri umani, aiuti i
più deboli ma eviti anche tragedie come quella fra Israele e Gaza.
Quantomeno facendo vedere in anticipo le dimensioni del disastro a
cui stiamo assistendo. Una pia illusione? Probabile, molto
probabile, quasi certo, ma cerchiamo di vedere AI come una grande
scoperta che può aiutare il bene, riducendo, se non eliminando, il
male. (riproduzione riservata) (Milano Finanza)
(END) Dow Jones Newswires
November 04, 2023 02:26 ET (06:26 GMT)
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